Crescita personale e consapevolezza di sé
“Un Natale, Gesù Bambino mi regalò la gru sbagliata. Ma tanto io lo so che nessuno ha la gru che vorrebbe. Perché nessuno è in grado di leggerti dentro. E allora tanto vale mettersi a coltivare piante.”
Paola Mastrocola, Una barca nel bosco
Le situazioni difficili, in cui tutti noi ci siamo trovati o ci troveremo nel corso della nostra vita, possono essere esperienze dolorose, ma che se vissute con consapevolezza possono portare ad un ulteriore passo nel nostro cammino di crescita personale.
“Crescita” è una parola dai molteplici significati. Crescita fisica, mentale, personale.
Proprio in questo periodo mi sono trovata a interrogarmi su cosa questa parola volesse dire. Su quando una persona può considerarsi cresciuta e matura.
Crescita di per sè è un cambiamento, una trasformazione. E come tutti i cambiamenti ci porta a passare attraverso periodi di disequilibrio, di passaggio tra una condizione stabile ad un’altra.
Ogni occasione di crescita può portare, quindi, a delle modifiche nel nostro fisico ma anche nel nostro modo di pensare, di agire, di affrontare la vita.
Durante queste occasioni può capitare di sentirsi un po’ persi, di non capire cosa sta succedendo, di sentirsi “una barca nel bosco”.
Credo che mantenere costante ed anzi incrementare sempre la consapevolezza di sé sia ciò che bisogna ricercare sempre per poter intraprendere la strada giusta, per sapere individuare almeno in parte ciò che vogliamo diventare da grandi e che può renderci soddisfatti di noi stessi.
Per fare questo è importante parlarsi con franchezza e non limitarsi mai a raccontarsi i fatti “così come dovrebbero essere” in funzione delle convenzioni sociali o solo semplicemente di quello che noi vorremmo che fosse. E per parlarsi con franchezza bisogna saper riconoscere e identificare le emozioni che ci scuotono e che ci riempiono, scatenate da un evento particolare piuttosto che da una relazione o da un pensiero.
Riconoscere le nostre emozioni è fatto tanto fondamentale quanto difficile, perché spesso non ci rendiamo conto che il nostro modo di pensare e di agire è condizionato oltre che dalla società in cui viviamo e dalle sue convenzioni anche da quelli che Alba Marcoli (psicologa clinica di formazione analitica, con lunga esperienza nel campo dell’insegnamento e della psicoterapia) ne “Il bambino lasciato solo” (Ed. Mondadori, 2007 ) chiama i nostri “fantasmi del passato”, ovvero meccanismi di comportamento che diventano automatismi innati proprio nelle situazioni di maggior stress o di difficoltà. I fantasmi del passato sono schemi comportamentali ereditati dai nostri genitori o dalle persone con cui siamo stati più a contatto durante l’infanzia e l’adolescenza e che hanno influenzato la nostra educazione e , appunto, la nostra crescita.
Quello che dobbiamo saper riconoscere è che noi non siamo i nostri schemi di comportamento. Noi siamo persone diverse dai nostri genitori, e una volta riconosciuti questi schemi possiamo modificarli secondo il nostro pensiero, ad esempio per correggere comportamenti che ci paiono ora sbagliati o non appropriati e che vogliamo modificare e migliorare.
L’adulto e i bambini
La crescita è parte quotidiana e fondamentale della vita dei bambini.
Spesso ci si trova a dover affrontare, con loro, momenti e situazioni difficili e ci rendiamo conto di quanto sia difficile trovare le parole e le modalità giuste per aiutarli in quello di cui hanno bisogno per crescere serenamente.
Spesso, in queste situazioni, risuona dentro di noi la nostra parte “bambina” e ci troviamo a riproporre ai nostri figli i “fantasmi” del nostro passato”, pur rendendoci conto che le modalità di comportamento che ne derivano sono in realtà controproducenti, o addirittura ci si ritorcono contro.
Alba Marcoli propone una serie di favole che raccontano alcune di queste situazioni difficili, e in cui ognuno di noi può riconoscere le modalità d’aiuto che inconsapevolmente mettiamo in atto, e altre invece che potrebbero risultare più efficaci.
La cosa che stupisce è che davvero, la maggior parte delle volte, la soluzione è nella via più semplice da percorrere. La cosa più difficile è invece avere la pazienza e la calma di vedere questa via da percorrere con chiarezza e saperla percorrere con costanza e coerenza per tutto il tempo necessario, senza scoraggiarsi o spaventarsi se non si hanno risultati immediati.
Il percorso verte principalmente sull’aumento della consapevolezza di sé, nel nostro modo di educare i bambini ed aiutarli ad affrontare i piccoli e grandi ostacoli che la vita ci propone. Dobbiamo essere infatti coscienti del fatto che i bambini sono un libro bianco che viene scritto di girono in giorno, da loro stessi, prendendo insegnamenti dalle esperienze che vivono personalmente, ma anche da noi e da come interagiamo con loro con il nostro esempio e con il nostro modo di star loro vicino.
Le prime riflessioni che possiamo fare, quindi, in situazioni difficili, sono sicuramente su noi stessi.
Le favole aiutano innanzitutto a riconoscere, guardandoli dall’esterno, i nostri fantasmi del passato. Una volta isolati questi schemi comportamentali, bisogna cercare di prenderne le distanze e imparare a guardare le cose e a ragionare con la mente dei bambini. Spesso basta guardare le cose da un altro punto di vista perché tutto sia più semplice ed evidente.
Senza lasciarsi scoraggiare e puntando l’attenzione su noi stessi, impariamo che noi non siamo il nostro modo di ragionare o i nostri schemi mentali, ma siamo in realtà un insieme molto più ricco di idee ed esperienze e soprattutto emozioni. Impariamo ad essere più indulgenti verso noi stessi lungo il nostro percorso di crescita e miglioramento.
Bisogna poi saper riconoscere l’individualità di ogni bambino. Bisogna saper lasciare i bambini esprimersi ed essere loro stessi, crescendo e sbagliando da soli, senza iperproteggerli o cercando di plasmarli secondo un nostro ideale. Le battaglie perse in partenza sono sicuramente quelle in cui vogliamo i nostri figli diversi da come lo sono. Sono battaglie che non andrebbero combattute per niente, perché ogni individuo, per giovane o anziano che sia, ha la sua strada da percorrere a modo suo che non può combaciare con nessun altra e che deve trovare e percorrere lui solo. Quello che possiamo fare è dare aiuto e soccorso e sostegno durante il percorso.
Ricordiamoci che ognuno di noi è unico e irripetibile. Ripetiamo il nostro nome: se io ho un nome significa che ci sono anche io a questo mondo e che c’è un posto anche per me e per il mio modo di essere, come per tutto e tutti.
“Dei genitori saggi permettono ai loro bambini di sbagliare. E’ un bene che si brucino le dita ogni tanto” Ghandi
Nell’aiutare un bambino bisogna poi ricordarsi sempre che IO sono l’adulto, non il mio bambino. Questo significa che sarò io a dover fornire risposte e rassicurazioni, e anche quando non ne sono capace, non devo essere dipendente da un “fuori” che mi dia la conferma di quanto posso valere.
Anche qui ritorna il lavoro e la riflessione su noi stessi. La presa di coscienza di sé, dei nostri limiti e delle nostre paure, non perché vengano nascoste, ma perché vengano accettate.
Fornire sicurezze ai bambini è una delle basi necessarie perché un giorno possano diventare a loro volta sicuri di sé e riuscire a intraprendere il loro percorso di vita.
Le sicurezze per i bambini si creano costruendo una tana sicura, dei rituali, una routine, non sottoponendoli a continui cambiamenti. Solo così in futuro avranno anche loro un porto sicuro da cui partire per affrontare i cambiamenti della vita.
Importante è poi cercare di comunicare con i bambini usando la loro lingua. I bambini hanno bisogno di sentirsi riflessi negli altri in un modo che corrisponde alle loro esperienze, sia esterne che interne. Quando riusciamo a comunicare con i nostri bambini secondo modalità che creano un senso di unione e sintonia, li aiutiamo a creare una storia coerente e integrata della loro vita.
Bisogna saperli innanzitutto ascoltare, il che non significa accontentare.
Bisogna saper trasmettere una visione positiva del mondo e del futuro, nonostante le nostre paure e incertezze.
E’ comprensibile come in ogni storia difficile esistono dei buchi incolmabili che riguardano “ciò che sarebbe potuto essere e che non è stato”. Non dobbiamo lasciare che il rancore o la tristezza o la rabbia che questi buchi possono aver creato, condizionino la nostra visione del futuro: bisogna saper guardare avanti e superare ciò che è stato il passato. Quello che saremo in futuro lo decidiamo noi stessi, nel presente, facendo forza anche sul ciò che abbiamo vissuto nel passato, per quanto negativo sia stato, e sapendolo utilizzare a nostro favore, non come zavorra che in qualche modo ci impedisca di essere felici o di raggiungere un obiettivo.
Nei periodi di difficoltà, lasciamo che ad aiutarci siano soprattutto i ricordi buoni dentro di noi, il nostro serbatoio affettivo.
Bibliografia: “Il bambino lasciato solo. Favole per momenti difficili”, Alba Marcoli, Ed.Mondadori
After looking over a few of the blog posts on your website, I really appreciate your technique of blogging. I saved as a favorite it to my bookmark site list and will be checking back in the near future. Please check out my website too and let me know how you feel.