Il modello REBT: ABC delle mie Emozioni (4-7 anni) . Programma di alfabetizzazione socio-affettiva secondo il metodo REBT ( Mario Di Pietro)

Intrapreso il percorso sul riconoscimento e sulla gestione delle emozioni, risulta di grande aiuto il libro “ABC delle mie Emozioni 4-7 anni” ( esistono dei volumi per diverse età con suggerimenti specifici), di Mario Di Pietro.

Provo a ripercorrere ora in breve i punti salienti del libro: l’autore propone un percorso di “alfabetizzazione socio-affettiva” che si propone di conoscere e sviluppare le “abilità emozionali” dei bambini ( ma vedremo come si incomincia dagli adulti!).

La base del percorso di alfabetizzazione socio-affettiva è proprio l’insegnare ai bambini come essere consapevole delle proprie emozioni, e in un secondo tempo anche riconoscere le emozioni provate da altre persone.

Le nostre “abilità emozionali”, infatti, o “competenze emotive”, sono le nostre capacità di fronteggiare le frustrazioni, la collera, le paure, lo sconforto, e proprio da queste derivano le risorse per reagire alle avversità e instaurare relazioni positive con le altre persone.

La prima cosa è quindi insegnare al bambino a riconoscere e chiamare per nome le proprie emozioni, chiamandole per nome e ampliando il lessico a sua disposizione: si possono usare disegni di facce con diverse espressioni, fotografie, e poi anche la verbalizzazione del suo stato d’animo ( es: “oggi vedo che sei contento!”, oppure: “ti vedo triste, cosa ti preoccupa?”).

Oltre alle proprie emozioni il bambino deve imparare a riconoscere quelle provate da altre persone: l’adulto può insegnare a fare attenzioni a certe espressioni, posture del corpo, o anche suggerire come ci si può sentire in determinate situazioni attraverso la lettura di favole in cui il bambino cerca di esprimere lo stato d’animo dei personaggi in diverse situazioni.

Una volta imparato a chiamare per nome le emozioni, si possono insegnare alcune semplici tecniche per gestire alcune di esse:

  • La rabbia con la tecnica della “tartaruga” (riconosco i segnali di rabbia che mi dà il mio corpo-fermarsi- rintanarsi nel guscio e pensare a cose che possono calmarmi-uscire dal guscio e pensare come poter risolvere il problema)
  • La tristezza: una volta riconosciuta ( attenzione ai pensieri negativi e pessimisti che possono manifestarla) è importante non soffocarla, ma al contrario fare in modo che il bambino la esprima, nel modo che trova più facile ( se non parlare, il disegno, la musica, il ballo, il gioco) . Comunicare il messaggio che non c’è niente di male a sentirsi tristi, che è una condizione temporanea. Provare a portare sollievo anche con metodi fisici: sport e attività fisica sono antidepressivi naturali!
  • La timidezza: finchè questa caratteristica non limita i rapporti con i coetanei o la possibilità di fare esperienze sociali non c’è nulla di male nell’essere timidi. I bambini più timidi andrebbero incoraggiati a fare esperienze ponendogli piccoli obiettivi e premiandoli , senza aggravarli con troppe aspettative o troppa ansia.
  • Ansia e paure: cercare di razionalizzare la causalità degli eventi che generano paura o ansia a seconda del livello di comprensione del bambino, lasciargli porre domande e rassicurarlo creando routine da seguire.

 

La Terapia Razionale Emotiva Comportamentale ( REBT, rational-emotive behaviour therapy)

E’ una teoria e prassi psicoterapeutica ideata dallo psicologo statunitense Albert Ellis.

Il suo assunto di base è il credere nella possibilità di raggiungere un maggior benessere emotivo utilizzando proprio la capacità di pensiero razionale.

Secondo il modello REBT, le reazioni emotive che in ognuno di noi si scatenano di fronte ad un certo evento sono generate e indotte dal modo in cui l’individuo rappresenta e classifica tali eventi nella propria mente, nel modo in cui questo evento viene “valutato” dalla propria mente.

Per portare un esempio, ad un evento del tipo “mio figlio ha rovesciato il budino sul tappeto”, i pensieri valutativi dell’evento possono essere diversi, e immaginate le reazioni emotive scatenate da due pensieri del tipo: A- “che disastro, il budino è andato sprecato e ora dovrò ripulire tutto” oppure B- “ è un bel guaio e mi darà da fare, ma arrabbiarmi non mi aiuterà. Dopotutto è un bambino e può succedere”.  La nostra mente produce continuamente pensieri per valutare e reagire a diverse situazioni, esiste ed è sempre in atto un continuo “dialogo interiore”.

Da questo esempio si può forse già intuire come alcuni tipi di pensieri possano indurci a reazioni emotive esagerate in rapporto alla situazione vissuta. Questi pensieri vengono definiti irrazionali e hanno le seguenti caratteristiche:

  • Non realistici, distorcono gli eventi
  • Pensieri esagerati, assolutistici
  • Non aiutano a raggiungere lo scopo
  • Portano a reazioni emotive esagerate

Questi pensieri portano con sé alcuni contenuti dannosi e problematici:

  • Pensiero assolutistico: è considerato la base di ogni forma di irrazionalità. Questo pensiero trasforma il nostro obiettivo da preferenza razionale, realizzazione auspicabile , e desiderabile a cui però possiamo anche fare a meno, seppur con qualche inconveniente, in esigenza assoluta e indispensabile. Assume la forma di “doverizzazioni”, verso se stessi e verso gli altri: “devo assolutamente”, “bisogna sempre”. Spesso questi pensieri sono legati alla ricerca di stima e approvazione degli altri, cose che vengono ritenute condizioni indispensabili alla nostra felicità.  Sono sicuramente condizioni che aiutano, ma è facile intuire che possono essere invece la base della costruzione dell’infelicità se ritenute assolutamente e sempre indispensabili.
  • Pensiero catastrofico: consiste nell’esagerazione dell’aspetto spiacevole di una situazione. “E’ tremendo avere così poco tempo”, “E’ orribile un bambino così poco educato”
  • Intolleranza, Insopportabilità: pensieri che non tollerano frustrazioni “è insopportabile tutto questo lavoro…”
  • Svalutazione globale di sé o degli altri: consiste nel ritenere un fallimento totale ogni proprio sbaglio. “sono un disastro”, “i miei bambini sono dei selvaggi”
  • Generalizzare: pensare in termini di “sempre”, “mai”, “tutti”, “nessuno”.

La trasformazione dei pensieri

La parte razionale della nostra mente può aiutarci nel trasformare questi pensieri, riconoscendoli e sostituendoli con altri più positivi e costruttivi. In pratica bisogna cercare di sostituire un vecchio percorso mentale con uno nuovo che porta emozioni più positive e funzionali.

Ovviamente non è una trasformazione che può avvenire da un giorno all’altro, ma la si può raggiungere attraverso molta pratica, costanza e con qualche aiuto come la scrittura di un “diario” emotivo” nel quale annotare le sequenze A-B-C di evento-pensiero-emozione, riconoscere il pensiero irrazionale, attaccarlo con una serie di domande e sostituirlo con un pensiero più positivo.

Alcuni esempi di attacchi ai pensieri irrazionali e trasformazioni posso essere:

  • Cosa c’è di vero/non vero in quello che penso?
  • C’è qualche esagerazione nel mio modo di pensare?
  • Pensare che ho bisogno assoluto di questa cosa, o che questa cosa è insopportabile, mi aiuta a stare meglio?
  • Questi pensieri mi sono utili a superare la situazione?
  • Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere, e quanto è probabile che si verifichi davvero?
  • In quale altro modo potrei considerare questa situazione?

Pensieri trasformati:

  • Le pretese assolute in: “mi piacerebbe ma so che non è indispensabile…so che potrò avere altre gratificazioni se…”
  • Il pensiero catastrofico: “E’ doloroso ma non è la fine del mondo”
  • Intolleranza: “ E’ fastidioso ma sopportabile..”
  • La svalutazione personale sostituita con dei giudizi sulle azioni e non sulle persone in sè, ricordandosi che una persona è molto più che non la somma dei suoi comportamenti

Il dialogo interiore

Il primo passo per riuscire a realizzare questa trasformazione è ascoltare il proprio dialogo interiore. In particolare, focalizzare la propria attenzione su come parliamo a noi stessi quando

  • Facciamo un errore
  • Si viene trattati male
  • Arriviamo in ritardo
  • Scoprite un difetto in un prodotto acquistato
  • Ascoltate lamentele su vostro figlio
  • Ricevete una critica
  • Vi accorgete di essere ingrassati
  • Non riuscite a capire il funzionamento di un nuovo apparecchio acquistato

Riconoscere come la nostra mente elabora avvenimenti di questo tipo ci porterà a riconoscere i nostri pensieri irrazionali, e quindi iniziare la strada della loro sostituzione con pensieri più positivi.

Farlo su noi stessi ci renderà poi capaci di riconoscere anche in altri gli stessi meccanismi ed aiutarli a superarli.

Ascoltare i pensieri dei bambini

Una volta capito il nostro dialogo interiore e iniziata la trasformazione in noi stessi, possiamo aiutare anche un’altra persona, in particolare un bambino, a noi caro.

Nei bambini, per riconoscere i loro pensieri irrazionali prevalenti, può essere utile osservare e annotare le loro reazioni più frequenti, come “è insopportabile, devo per forza, non sono capace a fare niente..” e cercare di riconoscere e capire le sue modalità di pensiero.

Si può poi spiegargli il concetto di dialogo interiore, facendo riferimento a situazioni simili vissute dall’adulto e come egli aveva reagito, oppure facendo riferimento a ciò che si è osservato nel bambino (“ti ho visto mentre giocavi a scacchi, e dicevi che ce la potevi fare, questo è un buon modo di pensare”).

Importantissimo è essere consapevoli che il primo insegnamento che noi diamo al bambino è attraverso il nostro stesso esempio: il modo in cui noi gestiamo certe situazioni diventa per lui modello da seguire; è fondamentale, quindi, nel caso si voglia dimostrargli pensieri costruttivi,  sottolineare nelle diverse situazioni l’affermazione positiva che ci porta verso l’ottenimento del nostro obiettivo (“E’ meglio se mi controllo”, “E’ difficile ma posso farcela”, “Vediamo quali altre cose posso fare”).

In situazioni attinenti la disciplina, è importante porre l’accento sulle azioni compiute e non dare un giudizio sulla persona intera ( “se ti comporti male nessuno giocherà più con te”, piuttosto che “come hai potuto fare una cosa simile?”): questo porterà il bambino a costruire un dialogo interiore basato sulla valutazione delle proprie azioni e non sulla svalutazione di se stesso.

In situazioni attinenti a eventi futuri, sviluppare e esplicitare atteggiamenti volti ad aumentare la fiducia in se stessi e non gravate da ansie di perfezionismo : piuttosto che “tu non sarai mai bravo come Giovanna”, oppure “ il mio bambino è timido, non fa certe cose”, si può dire che “è impossibile riuscire bene in tutto ma si può provare a fare del nostro meglio” “ se sbaglio è utile per imparare”.

In generale, quindi, è importante concentrarsi sui messaggi positivi che ci lancia la nostra mente e farli presente sempre, come modello, ai nostri bambini. Questi messaggi e affermazioni dovrebbero poi essere espresse con il linguaggio del bambino e non con quello dell’adulto; dovrebbero essere in accordo con gli scopi del bambino, e non con le aspettative dell’adulto; devono essere il più possibile espresse in termini positivi, evitando le negazioni(“ E’ meglio che sto calmo” piuttosto che “non devo arrabbiarmi” ).

E’ importante anche essere consapevoli che per insegnare ad un bambino a trasformare i propri pensieri irrazionali in pensieri positivi ci va calma, costanza, dedizione e pazienza: per renderlo capace di affrontare da solo situazioni problematiche con un pensiero positivo è sicuramente utile e importante utilizzare questo tipo di pensieri più volte nell’arco della giornata, fissarli su un cartoncino e associarli a situazioni piacevoli ( il fare merenda, un gioco interessante, una sorpresa gradita) e magari richiamarli alla mente prima di addormentarsi, quando la mente risulta rilassata e ricettiva.

Con un lavoro costante di sicuro i risultati si otterranno in tempi relativamente brevi.

 

La mia esperienza

Ho provato personalmente a seguire questo metodo con mia figlia di 7 anni, che da sempre è insicura e paurosa nei confronti di nuove esperienze ( siano queste l’imparare ad andare in bici o fare un esercizio di matematica nuovo), bisognosa di trovare sempre il buon giudizio e il sostegno degli adulti e dei suoi coetanei .

Credo che già a questa età si possa iniziare a spiegare la teoria di questo metodo: a mia figlia ho spiegato che nella nostra testolina c’è sempre un pensiero, c’è sempre una vocina che ci dice ad esempio “che brutta matematica! io non la so fare! “ non appena vediamo il quaderno di matematica. Questa vocina, quando ci dice cose brutte o paurose, ci fa stare male, ci fa diventare paurosi e non ci fa riuscire a fare niente. Noi però possiamo sentirla, questa vocina, e dirle di stare zitta! Che in realtà non è così: che non succede niente se non riesco a fare subito un esercizio di matematica, l’importante è non scoraggiarsi e se necessario chiedere aiuto alla mamma o al papà o alla maestra. Che tante volte anche io ho paura di non riuscire a fare una cosa, ma allora mi fermo e mi dico “ io ce la metto tutta, sono sicura che ce la farò!”

Prima di iniziare a fare i compiti che per lei so essere ostici, le ho insegnato a ripetersi “ce la posso fare, io sono capace, io ci riesco!” e l’ultima volta, dopo una breve crisi di pianto perché non voleva iniziare matematica, l’ho sentita ripetersi queste parole e farsi coraggio da sola, per riuscire a iniziare e finire i compiti senza paura.

I bambini sono davvero molto veloci nell’apprender dei metodi che per loro siano confacenti e che capiscono portarli nella direzione giusta, cioè farli stare meglio.

La cosa più importante è riuscire ad essere costanti nell’eseguire questi esercizi e cercare di far notare i piccoli miglioramenti che vengono notati, sottolineando le buone emozioni che ne derivano. Il bambino le saprà riconoscere di sicuro! E si sentirà soddisfatto e un pochino più sicuro di sé.

E soprattutto fornire un modello adeguato e coerente con il proprio comportamento, cosa non sempre facile.

Il percorso è lungo, di certo non basta una sola volta per far sì che questo metodo venga recepito e sia efficacie.

Pensare positivamente è il primo passo fondamentale per affrontare la vita con un sorriso e non sentirsi scoraggiare da una emozione triste o situazione difficile, avere la forza e il coraggio di inseguire i propri sogni e di riuscire in ciò che si desidera fare.
Bibliografia: L’ABC DELLE MIE EMOZIONI, Programma di alfabetizzazione socio-affettiva secondo il metodo REBT, Mario Di Pietro, Ed. Erickson

IL CAVALLO

Il 6 gennaio 2016 è iniziata la mia grande avventura a cavallo.

Ho iniziato ben consapevole di NON volere iniziare a praticare uno sport…,ma di cominciare a vivere un’esperienza.

L’equitazione unisce due aspetti che per me sono di grande valore : il rapporto con un animale, e quindi anche solo indirettamente con la natura, e la conoscenza di se stessi.

Il rapporto con il cavallo inizia da subito, dalla prima volta:  montando in sella ti devi fidare di un animale di 500 kg o più, e lui, lasciandosi montare, si fida di te.

Il cavallo è un animale stupendo, di enorme bellezza, eleganza, potenza. E’ un erbivoro, quindi per natura una preda, quindi timoroso nonostante la mole, e sempre attento a ciò che gli succede intorno. Grazie alla grandezza e alla disposizione laterale dei suoi occhi, il cavallo ha una visione a 340° con solo due punti ciechi: il primo è un triangolo di terreno che arriva fino a due metri dal muso, mentre il secondo comprende la parte immediatamente posteriore del cavallo.

Anche l’olfatto e l’udito sono sensi molto sviluppati.

Il suo essere intelligente e forte e di indole predisposta all’adattamento ha permesso all’uomo di impiegarlo in svariate attività, come tutti sappiamo.

Ma una volta che si entra davvero in contatto con lui, si può riconoscere la sua natura selvaggia, e l’atto di sottomissione che rappresenta per lui l’esecuzione di comandi del padrone-uomo.

Imparare a cavalcare è soprattutto questo: instaurare un rapporto, una forma di comunicazione con un animale agile e possente che è stato addestrato ad eseguire i  comandi del cavaliere. E questo mi stupisce sempre.

Il solo fatto di salire in sella ad un animale così bello è per me un’emozione.

In sella le emozioni passano dal cavaliere al cavallo, si sentono i muscoli dell’animale vibrare e contrarsi, si sente la fatica che gli costa eseguire l’esercizio richiesto…si vedono i suoi pensieri che gli fanno muovere le orecchie e lo fanno stare attento a cosa succede intorno a lui..

Mi stupisce ogni volta il senso di controllo di un animale talmente potente e allo stesso tempo rispetto la sua obbedienza e ammiro la sua natura.

Imparare a cavalcare è sicuramente un’esperienza di crescita personale sotto molteplici aspetti.

Si impara ad essere sicuri e precisi nei comandi, ma anche umili nell’accettare il confronto con un altro essere. Si impara a credere in quello che vuoi fare e a non mollare al primo tentativo andato male, magari quella volta non per colpa tua.

Si impara la concentrazione.

Si impara a migliorarsi conoscendosi, riconoscendo pensieri o comportamenti negativi che non hanno portato al risultato voluto, apprezzando le capacità di espressione del nostro corpo e sicuramente anche di quello del cavallo.

Si può imparare a vedere le cose da un punto di vista diverso: un’ombra , seppur strana, per noi è solo un’ombra…per il cavallo a volte può essere qualcosa di sconosciuto e spaventoso!

Ci si diverte, ovviamente, provando brividi e emozioni forti nel saltare e nel galoppare veloci, sentendo l’aria sul viso e il rumore degli zoccoli che toccano terra a ritmo cadenzato, l’adeguarsi del tuo corpo ai movimenti del cavallo e la sensazione vera di essersi staccati da terra insieme a lui…

Anche dal lato fisico imparare ad andare a cavallo è un’esperienza più che stimolante: si impara l’equilibrio e la coordinazione, si utilizzano i muscoli della schiena, tenuta dritta, e muscoli generalmente poco utilizzati di glutei e gambe.

Le espressioni di un rapporto cavaliere-cavallo possono davvero soddisfare e realizzare attitudini molto diverse: dalla velocità alla potenza del salto a ostacoli, dall’eleganza del dressage alla tranquillità di un trekking nella natura.

Andare a cavallo è un’esperienza di apprendimento continua, dove ogni volta si nota e si apprezza un particolare passato inosservato la volta prima.

E’ un’esperienza che mi regala felicità ed emozioni e con la quale vorrei poter andare lontano, seguendo i miei sogni.

Un amico a quattro zampe

Giada

Da un paio di anni ormai, Giada, una dolce e simpatica cagnolina meticcia dagli occhi ambrati è entrata a far parte della nostra famiglia.

L’abbiamo adottata quando aveva circa 5 mesi, era stata abbandonata in Sicilia ed era appena arrivata in un canile vicino casa nostra grazie ad un’associazione per i diritti degli animali.

Ricordo bene il giorno che siamo andati a prenderla per portarla a casa. Era il primo Gennaio 2015. Essendo cucciola di pochi mesi, e facendo molto freddo, la tenevano in una stanzina del canile un po’ più riparata, e appena la responsabile ha aperto la porticina è subito sgusciata fuori col suo musetto curioso e si è messa ad annusare e girovagare per tutta la cascina. Pesava circa 10 kg e dalle zampotte da lupacchiotta si vedeva che sarebbe diventata una cagnolina di media taglia. Oggi ha due anni e mezzo e pesa 24 kg .

Il primo giorno in casa non si è mossa dalla cuccia morbida che le avevamo preparato. Aveva troppa paura. Non ha neanche fatto pipì.

Il giorno dopo, con calma e circospezione, ha cominciato a esplorare la casa e il giardino.

Dopo qualche giorno di ambientamento ha cominciato a rivelarsi per il suo carattere giocoso e affettuoso. Ancora oggi ti guarda col suo musetto da birba quando sa di aver fatto qualcosa che non doveva….

Giada ha da subito portato una ventata di allegria e tenerezza.

Con i bambini è molto paziente e loro sono sempre stati incuriositi e interessati dal suo comportamento e dalle cure di cui necessita, nonostante siano ancora piccoli per potersene occupare loro in maniera autonoma.

E’ indubbiamente un piccolo essere di cui ci si deve prendere cura, ma non ho esitazioni nel dire che sono contentissima di averla con me e che non l’ho mai ritenuta un impegno che rubasse del tempo per altre cose.

Passare il tempo con lei e occuparmi di lei è sempre un piacere e un divertimento.

Tornare a casa dal lavoro e essere accolta da un vulcano di feste e coccole e allegria e voglia di giocare può davvero cambiare la giornata!

Il rapporto col cane

Avere un amico a quattro zampe in famiglia è sicuramente un’esperienza formativa e che può portare molti vantaggi in diversi aspetti quotidiani.

Ricordo che l’aspetto che da subito mi ha colpita di più è stato quello della compagnia, della presenza di un amico: un amico sincero, fedele e leale, che non ti giudica, che non ti serba rancore, che vuole proteggerti e starti vicino, che ti ama incondizionatamente.

Questo è sicuramente un aspetto che si può ritrovare in particolare con un “amico cane”: l’empatia che , pur non essendo stata dimostrata scientificamente, questi animali sembrano dimostrare nei confronti dello stato d’animo delle persone con cui interagiscono è una delle caratteristiche di fondamentale importanza anche nella pet therapy.

In compagnia di un cane non ci si sente soli, al contrario, ci si sente liberi di essere se stessi e di poter esprimere le proprie emozioni, a volte molto più naturalmente di quanto si riesca a fare con un amico umano.

E’ invece dimostrato come la sola presenza di un animale da compagnia riduca i livelli di stress e ansia e personalmente posso felicemente confermare: solo il vedere il musetto di Giada che mi guarda o meglio ancora fare una passeggiata con lei o vederla correre tutta contenta dietro a una pallina riempie il cuore di tenerezza e ti fa dimenticare i cattivi pensieri .

Accarezzarla, farle le coccole e vedere che si abbandona fidandosi completamente di te ti fa sentire amato e appagato e il prendersi cura di lei è una responsabilità per me sempre accompagnata dal divertimento.

L’addestramento

E’ importante ricordarsi, però, che il nostro amico animale va trattato come tale. E questo nel senso più positivo e naturale del termine perché per il loro stesso bene bisogna ricordarsi che gli animali non pensano come noi, che seguono schemi comportamentali diversi da quelli umani e che umanizzandoli, cioè trattandoli come delle persone, non si persegue il loro bene o la loro felicità ma al contrario si può addirittura caricarli di stress.

Ritengo quindi molto importante un minimo di conoscenza del comportamento e delle necessità dell’animale che intendiamo adottare.

Questo non significa che sia necessario un addestramento specifico e prolungato, ma una semplice educazione di base, sia da parte dell’animale che del padrone.

Mi faccio portavoce, ovviamente, dell’adozione di un cane.

Come tutti sappiamo, un cane si riconosce parte di un branco, e la base per una felice convivenza è che l’animale riconosca in uno di noi il capobranco, e non si metta lui stesso in questo ruolo.

Perché vi riconosca come tale ci sono poche ma fondamentali regole da seguire che si possono trovare elencate in tutti i manuali sull’argomento, anche se io consiglio sempre un paio di lezioni con una persona specializzata che possa individuare le particolarità dell’animale specifico e darvi i giusti consigli su come trattarlo.

Insegnare poi pochi e semplici comandi ( seduto, terra, zampa,..) è divertente e utile in principio per rafforzare il legame cane-padrone e l’autostima del cucciolo e sicuramente diventano comandi sfruttabili nella vita di tutti i giorni per gestire diverse situazioni.

Consiglio anche un minimo di conoscenza dei rapporti che possono instaurarsi tra gli animali stessi, e il modo che hanno di concepire e riconoscere il proprio territorio. Questo può aiutare a comprendere e quindi gestire il proprio animale con sicurezza anche nelle piccole difficoltà , come può essere l’incontro con un altro cane che può dimostrarsi rissoso o una persona sconosciuta che viene a farvi visita a casa vostra.

In ultimo, ma non per importanza: giocate con il vostro cane e divertitevi!!

 

Giada e i bambini

L’adozione di Giada è stato un mio grande sogno che ho realizzato, ma sicuramente il pensiero di accoglierla in casa con noi è maturato anche in funzione di cosa avrebbe potuto significare per i miei due bimbi.

Non ho mai pensato che l’accudimento di Giada potesse diventare una loro responsabilità, per lo meno non da subito.

I cani hanno un rapporto diverso con i bambini rispetto alle persone adulte. E’ curioso sapere che fino all’età di circa 10 anni i bambini vengono considerati dai cani come facenti parte di una razza diversa rispetto a quella umana. Essi fanno parte del “ branco famiglia” ma il cane percepisce che sono ad un livello di gerarchia inferiore rispetto a quello degli adulti.  E’ importante, perciò, che l’adulto di riferimento vigili costantemente sul rapporto e sulle dinamiche cane-bambini, perché il nostro amico a quattro zampe potrebbe, inizialmente, cercare di prevaricare i bambini nella linea gerarchica, solo per seguire il suo istinto di sopravvivenza animale. Questo, anche se può non essere visibile da subito o può sembrare non pericoloso, potrebbe invece diventarlo in situazioni anche banali in cui l’animale si possa poi sentire per qualche ragione “superato” dai bambini che lui credeva invece in una linea inferiore alla sua( come potrebbe essere un semplice posto a sedere sul divano o qualcosa da mangiare dato prima ai bambini piuttosto che a lui) .

Si deve tenere presente anche che i bambini piccoli possono spaventare l’animale con i loro movimenti veloci e il tono di voce più alto, e che quindi un cane adulto può avere difficoltà ad abituarsi a loro e ad accettarli, e potrebbe reagire semplicemente per paura. Questo è il motivo per il quale ho deciso di adottare un cucciolo: crescendo insieme a loro, Giada ha imparato a non temere i bambini, neanche gli estranei, e il suo modo tenerissimo di sottrarsi a qualche carezza troppo insistente dei cuccioli di uomo è di allontanarli con una bella leccata sul naso!

E’ importante anche, d’altra parte, insegnare ai bambini a rispettare l’amico animale, e a considerarlo non un giocattolo ma un essere vivente con diritti e doveri proprio come i loro, un amico vero e proprio che bisogna sapere amare ed accudire secondo le sue esigenze.

Questo è proprio quello che vorrei diventasse Giada per i miei bambini: un amico fidato, un compagno di giochi, di avventure, di tenerezze, un esempio di lealtà e di umiltà, un amico di cui doversi anche prendere cura e capire che ha esigenze diverse dalle nostre e delle quali dobbiamo sapere tenere conto nei programmi della giornata e non dimeticarcene. E vorrei che crescessero imparando ad amare e rispettare gli animali come parte della natura, cioè come degli esseri viventi che hanno anche loro come noi il diritto a vivere dignitosamente nel loro ambiente o al nostro fianco, e non per soddisfare un nostro capriccio o la voglia di un momento.

Giada, in poche parole, fa ormai parte della famiglia. Non mi sognerei mai di andare in vacanza senza di lei, né di pensare a noi senza di lei.

E’ un serbatoio di tenerezza, allegria e facce buffe che mi strappa mille sorrisi al giorno e che sono contenta di avere vicino e di poter rendere a mia volta felice.

 L’adozione

Vorrei spendere un’ultima parola riguardo l’adozione di un amico a quattro zampe.

Vorrei sottolineare che un cane, un gatto, un criceto, un coniglio….che entrano a far parte della nostra vita quotidiana come animali da compagnia sono effettivamente dei compagni, degli amici, degli esseri viventi con delle loro esigenze di cui dobbiamo prenderci cura con affetto, e non considerarli come una nostra proprietà.

Il solo pensare alla parola “acquisto” riferito ad un cucciolo mi riempie di disgusto.

Un animale non è simbolo di prestigio, di benestare, o di qualunque altra cosa uno voglia dimostrare acquistando a caro prezzo un animale di razza o un animale raro, o esotico, o selvatico.

Nel caso di animali tenuti poi in gabbia io vedo solo l’umiliazione e il completo sradicamento dell’animale dalla sua natura.

Nel caso di animali da compagnia come cani o gatti vedo l’espressione dell’egoismo umano.

Ci sono milioni di cani e gatti abbandonati che valgono tanto quanto o anche di più, nella loro unicità, un animale di razza.

Adottare un cucciolo è sicuramente un impegno al quale bisogna prepararsi e su cui bisogna riflettere. Ci vuole impegno e costanza nell’educazione, nella cura e nella pulizia, dell’animale e dell’ambiente.

Chi vuole adottare un cucciolo dovrebbe pensare ad un compagno con cui condividere esperienze ed mozioni, parte di vita, non un  giocattolo o un accessorio.

Il rispetto degli animali fa parte del rispetto per la natura, l’ambiente, il mondo dove tutti noi viviamo ogni giorno, ed è nostro diritto/dovere ammirarlo nella sua bellezza e preservarla come tale.

Robert Sabuda – Libri e fantasia

Un giorno, girovagando per caso nelle sale di una mostra di non ricordo bene cosa, ho scoperto questi libri bellissimi.

Sono libri pop-up vere e proprie opere d’arte, espressione di fantasia pura trasferita su carta.

L’autore è Robert Sabuda e più che delle descrizioni, vale la pena riportare qualche immagine

   

Le immagini 3D, che illustrano storie classiche come “La sirenetta” o “Peter Pan”, ma anche libri sui dinosauri e mostri mitologici, sembrano letteralmente uscire dal foglio e animarsi allo sfogliare delle pagine: la testa del T-REX, il castello del re del mare, gli animali del libro della giungla, il terribile uomo delle nevi.

Sono immaginazioni fantastiche per disegni, colori e grandezza.

Ad ogni pagina, poi, bisogna scoprire cosa ci riserva ogni piccola lingua ripiegata su se stessa…la curiosità e l’immaginazione non hanno limiti, per i bambini ma soprattutto per gli adulti.

I pop up di Sabuda sono  infatti preziosi e delicati, e più adatti ad essere maneggiati dalle mani di un adulto piuttosto che da quelle di un bambino, che può comunque godere della bellezza di questi fragili tesori sfogliando il libro con il genitore.

Propongo questi libri perché mi piace valorizzare l’espressione della fantasia in ogni sua forma, sia quella della scrittura di una fiaba ma anche di un disegno, di una rappresentazione teatrale, di un gioco di ruolo o simbolico, di queste meravigliose architetture di carta.

Queste illustrazioni 3D sono abbastanza distanti , in quanto a genere, dalle tipiche illustrazioni disney. Trovo che stimolino una fantasia nuova da una parte e soddisfino la curiosità anche di un lettore adulto di storie da bambini come i classici La Sirenetta, Peter Pan o La bella e la bestia  dall’altra. Come da sempre riporto nei miei pensieri, ci fanno vedere le fiabe classiche illustrate in maniera non convenzionale, aiutando ancora a stimolare l’immaginazione da un altro punto di vista, anche nelle favole.

Dai 5-6 anni

  • Culetto indipendente, J.Cortes, Avi Piemme

Prima lettura per primi lettori, è la storia di un culetto che non ne può proprio più delle malefatte del suo proprietario e decide di abbandonarlo, facendogli capire l’importanza del comportarsi bene. Piace molto ai bambini che riescono ad immedesimarsi facilmente nel protagonista!

  • Cartaruga e Lumacarta , Silvia Roncaglia, Giunti editore.

Bella storia di fantasia, apprezzata da bambini che iniziano la scuola e che si scontrano per le prime volte con la fatica di stare seduti a scuola e avere a che fare con maestre e compiti e voti e con il confronto con gli altri…il protagonista è un bimbo verosimilmente di terza elementare che per reagire alla paura dell’impegno della scuola, si inventa due amici, una tartaruga e una lumaca…di carta. Grazie alla sua mamma, poi, diventeranno reali!

  • Il serpente pappamostri, Beatrice Savino, La Feltrinelli

  • Chi non ha mai avuto paura del buio, trovandosi ad doversi addormentare da solo nella propria stanza? Ebbene, da sotto il nostro letto, non sapevate, c’è qualcuno che ci protegge: il serpente pappa mostri! Una storia simpatica e divertente per vincere la paura del buio e dei mostri notturni!
  • Un gatto non è un cuscino, Christine Nostlinger, Ed Il Battello a vapore

  • Un gatto e le sue diverse vite con diversi padroni sono i protagonisti di questa storia semplice e facile da leggere anche per i primi lettori ma che piace molto per le immagini proposte e le situazioni divertenti.
  • Lezioni di volo, Vainio Pirkko, Ed Clavis

  • Chissadove, Cristiana Valentini e Philip Giordano, Ed Zoolibri

  • Il punto, Peter Reynolds, Ed APE

  • Sei folletti nel mio cuore

Dai 4 anni

  • Atlante illustrato degli animali, qualunque edizione

Per chi ama gli animali e immaginarsi mamme e cuccioli e aver informazioni su cosa mangiano e dove vivono

  • Enciclopedia dei bambini, qualunque edizione

Raccolta di numerose informazioni e curiosità su animali, ambienti( lo stagno, il mare, la montagna, il vulcano..), stagioni, elementi ( terra, acqua, aria)

  • I colori delle emozioni, Anna Llenas, Ed. Gribaudo

  • Un bel libro pop up che insegna a riconoscere le emozioni più basilari come i colori primari, e che colpisce i bambini perché parla direttamente col loro linguaggio: l’allegria è gialla, la tristezza è blu, la paura è nera, la calma è verde e l’amore è …rosa!

Dai 3 anni

  •    Toy Story, Disney Pixar

Uno dei più bei cartoni animati mai disegnati. Il bambino entra nel mondo dei suoi giocattoli e li vede animarsi e parlare, proprio come lui ha sempre sognato che facciano!

  • Mostro , mostro, dove sei?, Steve Cox, De Agostini Editore

E’ vero che non esistono i mostri? Sam non ne è convinto e prima di iniziare a campeggiare nel giardino di casa deve assicurarsi che non ce ne siano di nascosti nel pozzo, nel garage, nella casetta sull’albero, nella rimessa delle barche, finché….

Sensazioni tattili e buffe scoperte accompagnano ogni nascondiglio e i bambini si divertono immensamente ad ascoltare questa storia, se letta con un minimo di interpretazione!

 

  • Tutta la serie “Oggi guido io”, Ed. La Coccinella

Brevi storie i cui protagonisti sono i mezzi di trasporto di ogni tipo, guidati da Luciano, Marcello , Pablo, e altri amici che fanno comparsa di storia in storia per il piacere dei piccoli che amano ritrovare facce conosciute. Le storielle sono simpatiche e sensate, le immagini belle, colorate e piene di dettagli da scoprire insieme ai piccoli lettori.

  • Piccolo blu e piccolo giallo, Leo Lionni, Ed. Babalibri

La storia di un’amicizia tenerissima e ricca di poesia che colpisce i bambini per la sua semplicità e perché i bambini riescono ad immedesimarsi nelle vicende di piccolo blu come se fossero loro stessi

  • Pezzettino, Leo Lionni, Ed. Babalibri

Pezzettino è alla ricerca della sua identità. E’ piccolo, ma scoprirà di avere un ruolo ed un posto nel mondo anche lui. Una bella poetica storia, come tutti i testi di Leo Lionni, da leggere ai più piccoli e farli sognare in grande!

 

 

 

 

NON SONO UNA PSICOLOGA

Io non sono una psicologa. Sono solo una mamma.

Eppure ho scritto di argomenti che hanno a che fare con la psicologia, soprattutto in merito a relazioni conflittuali con i bambini.

Mi sono chiesta molte volte se avesse un senso raccogliere e in qualche modo rendere accessibile ad altri ciò che ho imparato durante gli ultimi 8 anni, che per me e i miei figli sono risultati un po’ difficili.

Ha senso proporre un’esperienza comune, argomenti su cui si è già detto tutto e su cui molte persone sono più competenti di me?

Ho deciso di farlo innanzitutto per me stessa. Per raccogliere i miei pensieri in maniera ordinata e fare in modo di riuscire a ritrovarli nel momento del bisogno. Per non lasciare che tante riflessioni e insegnamenti andassero perduti o dimenticati.

La vita è spesso difficile, le strade che percorriamo sono molteplici e mi sono accorta che spesso nelle relazioni utilizziamo una grande quantità di energie  e di risorse per essere di aiuto a qualcuno, utilizzando inconsapevolmente modalità che si rivelano alla fine controproducenti, verso se stessi e verso le persona che si intende aiutare.

E’ come se percorressimo una strada sbagliata per arrivare ad una buona meta, un modo sbagliato per raggiungere un ottimo fine.

Trovare la strada giusta è ovviamente difficile, anche perché non esiste un’unica strada. Ognuno di noi può trovarne una che sia più adatta alle sue esigenze e a quelle delle persone con cui si relaziona.

Quello che ho fatto io è stato interrogarmi su me stessa, cercare di capire ed esplicitare i meccanismi e i ragionamenti che mi portavano a reazioni che facevano soffrire me e i miei cari.

Una volta riconosciuti quelli negativi, si può cercare di modificarli un poco, quando e se ci si riesce, con molta pazienza e costanza. Bisogna essere consapevoli che anche riconosciuti i comportamenti da migliorare non è immediato riuscire nell’intento. Spesso sono reazioni che mettiamo in atto in maniera automatica, così come per automatismo abbiamo imparato a camminare a parlare.

Il riconoscere queste reazioni automatiche aumenta il livello di consapevolezza di sé, del nostro mondo interiore e del funzionamento della nostra mente nelle situazioni anche solo di piccola difficoltà. Arricchiti di questa consapevolezza si può cercare di modificare e migliorare, a volte riuscendovi ed altre volte no, la strada sbagliata che automaticamente è stata intrapresa. Anche solo il fatto di aver individuato gli “errori” ci rende più tolleranti verso noi stessi quando non riusciamo a correggerci e indulgenti verso la nostra fragilità quotidiana.

Il vedere che anche solo piccoli cambiamenti mi portavano ad enormi miglioramenti nelle relazioni con i miei figli mi ha dato la forza necessaria a continuare su questa strada, a continuare a scavare più in fondo me stessa e continuare a provare a modificare il mio abituale modo di affrontare le cose, che aveva fatto soffrire me e i miei cari.

In questo spazio vorrei raccogliere e presentare gli aiuti che mi sono stati fondamentali per iniziare ed affrontare questo percorso di crescita personale, pensando che un’ennesima sfaccettatura degli argomenti di riflessione proposti possa essere anche di interesse per qualcuno che non abbia ancora trovato le parole che interpretino correttamente i suoi pensieri.

Esprimere le emozioni

Le emozioni. Tutti noi pensiamo di saperle riconoscere, esprimere, chiamare per nome.

In realtà sapere definire bene l’emozione che ci sta accompagnando in una determinata occasione richiede una buona dose di introspezione e di onestà verso se stessi.

Non conoscere e non esprimere le proprie emozioni è un’abitudine che può rivelarsi pericolosa per nostro benessere psicofisico.

Una persona che non esprime le proprie emozioni o non le riconosce o non sa spiegarsi da dove esse vengano, come siano generate, non conosce se stessa e prima o poi riconoscerà di sentirsi “contenuta”, di non riuscire ad essere pienamente se stessa.

Andarsene in giro per il mondo con i “freni emotivi” perennemente tirati limita la capacità di gioire, di imparare, di crescere e diventare una persona adulta e matura.

Ascoltare il flusso delle emozioni che ci pervade ogni momento è il sentirsi vivi. E’ il sentire che siamo persone con una coscienza e una consapevolezza di sé, è riuscire a guardare la realtà e le altre persone per quello che sono, come fonte di ispirazione dei nostri sentimenti.

Per questo è importante fin da bambini intraprendere un percorso di alfabetizzazione delle emozioni.

La competenza emotiva di un bambino, ossia la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni e di riconoscere e rispondere in maniera appropriata alle emozioni altrui, varia a seconda dell’età del bambino e del contesto sociale in cui vive: ad esempio, è stato dimostrato che parlare in famiglia delle emozioni sia proprie che altrui (Dunn, Brown, 1994) permette ai bambini di affrontare meglio le proprie emozioni, di comprendere le emozioni altrui, di condividere le esperienze emotive con gli altri e di relazionarsi in maniera più appropriata con gli altri. Inoltre, durante l’età prescolare, come ci riporta Piaget, nel bambino si sviluppa la cosiddetta “teoria della mente” che consente allo stesso di attribuire all’altro intenzioni, desideri, pensieri ed emozioni che possono essere differenti dai propri; il bambino riesce, dunque, ad assumere una prospettiva diversa dalla propria.

Spiegare ai bambini cosa sono le emozioni, denominarle e insegnare loro delle strategie di gestione delle stesse non sempre risulta un compito semplice per i genitori, in quanto anche se si è raggiunta una buona consapevolezza di sé, è necessario l’utilizzo di un linguaggio e di un metodo che possa essere compreso adeguatamente dai bambini. E’ necessario capire il proprio bambino ed entrare in sintonia con lui.

Le emozioni emergono precocemente nella vita di ciascun individuo e secondo Ekman e Friesen già nelle prime settimane di vita è possibile riscontrare la presenza di 6 emozioni primarie innate e universali: la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto, la sorpresa ( Avete visto “inside out?”). Nel corso dello sviluppo, le emozioni cambiano a causa sia della maturazione biologica sia dei processi di socializzazione primaria e secondaria ed emergono delle nuove emozioni: ad esempio, la colpa, la vergogna e l’orgoglio compaiono verso il secondo e terzo anno di vita. Col tempo, le emozioni cominceranno ad essere attivate in situazioni differenti e saranno regolate con comportamenti sempre più accettati socialmente.

E’ naturale, poi, tendere a classificare le emozioni come positive e negative, e in un certo senso rendere implicito in molti nostri comportamenti o proposizioni che le emozioni negative non sia bene manifestarle.

In genere le emozioni negative sono sentimenti dolorosi, di tristezza o rabbia o frustrazione.

Bisogna però rendersi conto che reprimere i sentimenti che fanno male non significa automaticamente farli sparire. Ogni sentimento deve in qualche modo trovare uno sbocco o tenendoli nascosti diventeranno di solito più grandi e più forti e ricompariranno sotto forma di altri sintomi.

Oltretutto, quando le emozioni non vengono condivise, ci si può sentire molto soli e spaventati, i sentimenti dolorosi non condivisi tendono a crescere. Invece, quando si racconta a qualcuno le proprie emozioni, queste sembrano poi meno spaventose e gigantesche, e si trova la forza e la via giusta per affrontarle.

In poche parole, le emozioni represse non sono sopite. Come dice Freud, esse “proliferano nel buio”.

Quello che possiamo fare, quindi è insegnare ai bambini a riconoscere le proprie emozioni, di qualunque tipo, dando loro un nome e senza classificarle come negative o positive. E poi a rielaborarle, affiancandoli con pazienza quando serve, dedicando loro tempo di qualità e cercando davvero di ascoltarli e capirli.

Se questo tipo di aiuto è costante le emozioni cominceranno ad essere considerate come utili indicazioni per decidere come agire, per comprendere di cosa abbia bisogno e quali siano i suoi desideri, e non più come una minaccia.

LEGGERE. PERCHE’ ?

“Devi leggere”  ti senti dire dalla maestra.

“ Devi leggere” ti senti dire dai genitori.

Ma perché? Perché leggere sembra essere così importante? Per i bambini ma anche per gli adulti?

Oltre al fatto che leggere ( e scrivere ) è ormai una questione di sopravvivenza nella società di oggi, per poter comunicare e ricevere informazioni, per poter trovare un indirizzo come per capire l’etichetta della merendina per i nostri figli, leggere è qualcosa di più.

Mi ricordo che da bambina c’era una serie di giornalini di storie, corredati di audiocassetta, che uscivano in edicola periodicamente….e rivedendo adesso le illustrazioni di quelle storie, quando le ho prese di nuovo in mano per leggere con i miei figli, mi sono quasi stupita che fossero solo dei disegni inanimati e non dei personaggi con vita propria esistiti per davvero, chissà quando e chissà dove.

E mi ricordo lo stupore di mia figlia quando ha visto per la prima volta in tv lo sceriffo Woody di Toy Story, che lei conosceva solo come personaggio di un libro. Chissà come se l’era immaginato, e chissà che sorpresa vederlo vivere in televisione forse un po’ diverso da come l’aveva immaginato lei.

Leggere è immaginare, viaggiare, crescere, imparare.

Se leggo un manuale sto imparando cose nuove, di qualsiasi tipo esse siano ( dalla cucina all’informatica), se leggo un romanzo sto viaggiando nel tempo e/o nello spazio senza muovermi dalla scrivania ma soprattutto sto guardando il mondo e la vita con gli occhi di un altro.

Leggere stimola l’immaginazione e la fantasia, ci fa sognare e ci fa divertire.

Potendo anche spaziare tra diversi generi nella scelta delle letture ci porta davvero ad aprire sempre di più la nostra mente. Ci rendiamo conto delle differenze che esistono al mondo, tra le varie culture ma anche solo tra te e il tuo vicino di casa.

Aprendo la mente e rendendosi conto delle differenze si può crescere con la consapevolezza che si vive integrati in un mondo vastissimo per pensieri, religioni, culture, ambienti , e che non esiste una sola unica verità su niente.

Si cresce capendo che il confronto con le altre persone è importante, ed è forse l’esperienza più bella che si possa fare in ogni occasione.

Si cerca di superare le convenzioni sociali alle quali la società e l’ambiente in cui viviamo ci abitua, piano piano, mentre noi diventiamo grandi pensando che quello che vediamo sia la “normalità” per tutti in tutto il mondo.

Per questo è importante far germogliare il seme della lettura nei bambini, in loro che ancora ragionano non essendo offuscati dagli schemi sociali e per i quali  accogliere ed accettare la diversità è una cosa del tutto naturale.

Leggere è un modo per imparare da soli, senza insegnante, e chi lo sa apprezzare non finirà mai di cercare nuovi stimoli o nuovi argomenti da esplorare, senza porsi limiti.

I bambini amano essere stimolati.

Leggere per loro deve essere un piacere, una cosa divertente e non un compito imposto dalla maestra o dai genitori.

Sforzo a credere che esistano dei bambini a cui non possa piacere, sono più propensa a credere che a questi ultimi la lettura non venga proposta nel modo giusto. Per queste piccole personcine con un pensiero così acuto far lavorare l’immaginazione è la cosa più bella che esista.

Immaginatevi di ritrovare su un libro l’immagine di un mondo lontano di draghi o di principesse che voi stesse stavate sognando….pensate allo stupore che ne deriva! Pensate alle emozioni che si sprigionano nel vivere storie fantastiche  ed impersonarsi in cavalieri d’altri tempi o supereroi spaziali…tutto questo non può essere noioso.

Aprire un libro non deve essere una forzatura. Deve essere una cosa che i bambini stessi possono e vogliono fare, a partire dal guardare le figure o le pagine scritte.  Per questo, nella mia esperienza, è importante proporre i libri giusti e non curarsi troppo di quanto siano “all’altezza” dell’età del bambino. L’importante è in primo luogo far nascere il piacere, l’amore per la lettura. Poi piano piano si arriverà a curare anche l’aspetto delle difficoltà, che può e deve essere crescente con l’età, sia in termini di lessico utilizzato si in termini di contenuti e lunghezza del testo.

Per i più piccoli ( io direi anche fino ai 6 anni) all’inizio leggere può essere un gioco, da fare insieme a mamma e papà, in cui ciascuno di noi interpreta un personaggio. Leggete ai vostri figli come se foste un attore di teatro, interpretando i vari personaggi con voci diverse, esprimendo emozioni con il volto, facendo facce strane e anche gesti. L’immaginazione del bambino sarà sicuramente stimolata e il piccolo vorrà poi ricreare le situazioni descritte giocando con voi e vi chiederà di leggere e rileggere sempre la stessa storia o anche solo una piccola parte di essa.

Assecondatelo. Non abbiate paura di fare e rifare le stesse cose. Vedrete che ogni volta si aggiungerà un particolare, una frase, un’emozione che la volta precedente non avevate colto o a cui non avevate pensato.

Sta a voi, magari, porre di volta in volta l’accento su un personaggio piuttosto che un altro.

Questa è la bellezza della lettura ad alta voce, che tutti apprezziamo, bambini ed adulti.

Poi viene il tempo di imparare a leggere da soli. Cercate si accompagnare sempre le lettere e l’eventuale testo con delle belle immagini. Quando iniziano a leggere poche frasi da soli, cominciate s ondare quali possano essere le preferenze del bambino, in termini di argomenti di lettura. Se preferisce storie di principesse piuttosto che leggere la pagina di una piccola enciclopedia per bambini illustrata ( ce ne sono tantissime scritte apposta e che contengono un sacco di curiosità per esempio sugli animali. I miei figli adorano ascoltare questo tipo di storie prima di andare a letto!). Non forzatelo mai ad iniziare….piuttosto iniziate prima voi la pagina e fatelo continuare. Oppure leggete prima voi il brano, sempre a voce alta, e poi chiedetegli di rileggerlo per voi. La difficoltà di lettura, conoscendo il testo, è minore ed il bambino si sente più sicuro.

Piano piano, con un po’ di pratica, acquisterà fiducia e leggere diventerà un automatismo.

Fino ad allora aiutatelo, non fategli sentire la fatica dell’imparare come preponderante rispetto al piacere di imparare cose nuove o di sentire una bella storia.

All’inizio fate attenzione a proporre testi semplici, brevi, scritti con un buon contrasto e con caratteri leggibili e di facile interpretazione, ricchi di immagini.

Non abbiate fretta a passare allo step successivo. Questo verrà da sé, se il bambino si sente pronto e sicuro ed è allo stesso tempo stimolato nel modo giusto.

Una volta che la lettura o anche solo il guardare i libri diventa un piacere, sarà il bambino stesso a ricercarla, senza farselo imporre come “compito”, o comunque accettando con piacere ogni proposta.

Accompagnatelo sempre nella lettura, ascoltatelo, sedetevi vicino. Una cosa che per voi è importante lo sarà sicuramente anche per lui. Dimostrate il vostro interesse e la vostra attenzione per ciò che sta facendo ( questo vale per ogni attività da svolgere insieme o da soli).
Per me, leggere per i miei figli e vedere i loro occhi spalancati e sognanti e le sue manine che si aggrappano alle vostre braccia chiedendovi di leggere ancora è una delle cose più belle che io possa fare con loro. Insieme a loro viaggio anche io, leggendo le storie per bambini ridivento anche io un po’ bambina e ridere insieme ci fa sentire uniti e vicini, in sintonia. La soddisfazione più grande è essere riuscita a stimolare il loro interesse , le loro domande, i loro dubbi, perché la curiosità è sintomo di intelligenza e di vivacità d’animo.

Leggere è anche un modo per allontanare la noia e i cattivi pensieri. Mi ricordo di un pomeriggio quando mio figlio di 4 anni sembrava essere irrimediabilmente stanco e annoiato. Non voleva guardare un libro con me, ma io ho iniziato comunque a leggergli una storia divertente, adatta per lui. E’ stato divertentissimo guardarlo mentre cercava di trattenersi dall’avvicinarsi a me per guardare le figure, e quando gli sembrava che io fossi concentrata sulla lettura, allungava il collo per osservare il libro….alla fine mi ha chiesto di rileggere la storia da capo perché non l’aveva sentita e insieme  a lui si è seduta vicina a me anche la sorella maggiore!

Oppure quando all’uscita da suola mi ritrovo circondata da bambini di tutte le età che mi ascoltano leggere la storia, che stavo leggendo sempre con mio figlio piccolo in attesa dell’uscita anche della sorella.

In un altro periodo mi ricordo, invece, che i miei figli si erano appassionati di un atlante geografico illustrato che raccontava di quali animali vivessero in ogni parte del mondo. Ogni sera viaggiavamo in Sud America, o in Cina per incontrare i Panda o gli avvoltoi o altri animali che loro si immaginavano mangiare e combattere e accudire i piccoli a seconda di quello che leggevamo.

Quell’Atlante ovviamente ce l’ho ancora e ogni tanto lo risfogliamo….e scopriamo di aver imparato delle cose, e di poter aggiungere delle nuove informazioni magari ricavate da altre fonti, a quelle che il libro ci propone.

Leggere è sempre una scoperta, per i bambini e per gli adulti.